La Banca Europea per gli Investimenti (Bei) ha ottenuto il via libera dagli Stati Ue al nuovo progetto di finanziamenti: entro la fine del 2021 gli investimenti della banca non saranno più destinati a progetti industriali che usano combustibili fossili o tecnologie inquinanti non in linea con i Sustainable Develompment Goals (Sdg) 2030 delle Nazioni Unite.
Una decisione importante, a cui si aggiunge la dichiarazione dell’emergenza climatica da parte del Parlamento Europeo, con l’obiettivo di trasformare profondamente la politica economica dell’Ue, con effetti previsti anche sui mercati finanziari delle materie prime.
Gli effetti della decarbonizzazione sulle materie prime
La decarbonizzazione dell’Europa comporterà l’abbandono di alcune delle materie prime, come il carbone e i derivati del petrolio per la produzione di energia elettrica.
Nei prossimi decenni, i combustibili fossili, frutto della raffinazione del petrolio, subiranno una forte contrazione delle vendite perché le autovetture con motore elettrico o ibrido saranno preferite alle attuali versioni con motore tradizionale.
La combinazione di questi e altri fattori porterà necessariamente gli investitori a dover ripensare le proprie strategie di investimento sulle materie prime.
La diversificazione del capitale e la ricerca di green investment sarà una delle soluzioni da studiare, ma non vanno dimenticati gli strumenti finanziari di maggiore successo nel ridurre i rischi di perdite, come le barrier option sulle materie prime o anche i contratti per differenza.
Naturalmente le materie prime su cui investire sono molte, e proprio il cambiamento in atto nella società potrà spingere l’investitore a prendere in considerazione nella sua strategia le materie di altri settori indispensabili, tra cui quello alimentare o dei metalli.
I metalli preziosi continueranno a fungere da riserva di valore, così come continueremo ad avere bisogno del legname da costruzione e del cotone per dare vita a nuovi tessuti.
Gli effetti sull’economia europea
Il cambio di passo della politica economica da parte degli Stati europei è una buona notizia, poiché cresce il numero di governi intenzionati a investire pesantemente risorse economiche per convertire le economie nazionali.
La Germania ha varato una legge a settembre con la quale si impegna a investire 100 miliardi di euro. Anche altri Paesi faranno lo stesso e ciò apporterà benefici sul piano dell’economia reale e finanziaria.
L’Italia e gli investimenti nella green economy
Eppure si muove anche in Italia la green economy; trova uno spazio crescente nella politica economica nazionale (il Green New Deal italiano del governo), ma anche tra le forme di investimento tradizionali.
Il Gruppo Intesa Sanpaolo ha rilasciato di recente il primo sustainability bond da 750 milioni di euro, destinato a sostenere il suo plafond da cinque miliardi di euro appunto dedicato alla circular economy.
Il fondo è destinato alle imprese del settore energie rinnovabili e dell’efficienza energetica.
Il Ministero del Tesoro, invece, ha allo studio dal 2017 un buono del tesoro poliennale (Btp) green retail, espressamente dedicato al finanziamento di progetti nazionali volti a ridurre l’impatto sul clima del nostro sistema economico nazionale (fonte: IlSole24ore.com).
E ancora, Enel, pubblicando di recente il nuovo piano industriale 2020-2022, ha reso nota l’intenzione di aumentare al 60% la produzione di energia da fonti rinnovabili soppiantando progressivamente gli impianti a combustibili fossili.