In Italia aumenta la produzione di rifiuti domestici, un ostacolo per il già fragile sistema di gestione dei rifiuti: manca l’impiantistica adeguata a smaltirli
Maggiore produzione di rifiuti domestici di plastica, impianti di smaltimento che mancano: qui il rischio è che salti il già esile equilibrio della gestione dei rifiuti.
Erica, cooperativa sociale che si occupa ambiente, ha condotto un’indagine (anche a causa del Covid-19) sul rapporto tra acquisti, consumi e rifiuti che ha fatto emergere che oltre all’emergenza sanitaria siamo di fronte a un’accresciuta emergenza rifiuti.
Il sondaggio, svoltosi a inizio aprile 2020 su un campione di quasi mille interviste per la maggior parte residenti in Piemonte, evidenzia che il 40% delle persone interpellate conferma di produrre in generale più rifiuti domestici di prima.
Di questo campione il 69% ha riconosciuto l’aumento della produzione dei propri rifiuti organici e il 59% ha notato un maggiore consumo di plastica, dovuto soprattutto all’aumento dell’acquisto di bottiglie di acqua e detergenti per la disinfezione domestica.
Fortunatamente il sondaggio ci conferma che l’abitudine a fare la raccolta differenziata non ha subito grosse modifiche.
Quindi, tralasciando l’eventuale problema dell’inquinamento ambientale causato da plastiche, dal seminario online di martedì 21 aprile è emerso che il problema legato alla maggiore produzione di plastiche ha un forte legame soprattutto con la disparità e gli squilibri della gestione dello smaltimento dei rifiuti domestici tra il nord e sud Italia.
Un disequilibrio determinato da carenze strutturali, come dichiarato da Roberto Cavallo, amministratore delegato di Erica, “La crisi ha evidenziato carenze strutturali già note, come la mancanza di impianti di compostaggio nel centro sud Italia e la strutturazione di filiere industriali complete per altre tipologie come le plastiche, i tessuti, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche”.
Le carenze impiantistiche costituiscono un grande ostacolo e comportano un vero e proprio allontanamento dal raggiungimento dell’economia circolare. Come ben chiarisce Cavallo, “Forse si poteva intervenire meglio su alcune interruzioni produttive, ma certamente questo periodo deve insegnarci che l’economia circolare deve da un lato considerare il principio di prossimità, cercando di trattare i materiali non troppo distante dal luogo in cui sono stati raccolti e dall’altro che la raccolta differenziata è un mezzo per garantire un riciclo di qualità, ovvero per ottenere nuovi materiali che abbiano uno sbocco commerciale, anche incentivandolo”.
Quale soluzione quindi? Per garantire una corretta fine del ciclo dei rifiuti domestici è necessario aumentare l’impiantistica di smaltimento.
Sia Simona Fontana, responsabile centro studi dell’area prevenzione di Conai, che Elisabetta Perrotta, segretario di Fise Assoambiente, hanno sottolineato durante un webinar organizzato ad hoc che l’aumento delle filiere industriali complete per tipologie di rifiuti come la plastica sarà la chiave per garantire alle raccolte differenziate di essere trasformate in risorse materiali ed energetiche per il nostro Paese.
Con una produzione di rifiuti domestici e di imballaggi che continua a esserci e a crescere, soprattutto in questo periodo, è necessario quindi che la raccolta anzitutto continui, e che venga garantito lo sbocco verso i mercati dei riprodotti, così che le aziende che si occupano di recupero e trasformazione delle materie prime seconde in nuovi prodotti, possano chiudere il cerchio dell’economia circolare.