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Marine litter: che mare avete trovato?

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mediterraneo plastica - Alliance to End Plastic Waste

Finite le vacanze, tiriamo qualche somma sullo stato di quello che ormai chiamiamo marine litter. La prevenzione è fondamentale, ma anche la tecnologia

È sempre più alta l’attenzione degli italiani allo stato delle nostre spiagge. Sempre di più (per fortuna) sono i volontari che in tutti i modi  scendono a ripulire costantemente le coste.

Accanto a loro, droni, robot, nastri trasportatori, reti, pompe e filtri, ma anche intelligenza artificiale e machine learning. Insomma,  si sta facendo di tutto per limitare il marine litter.

Uno studio internazionale cui ha partecipato l’Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino (Ias) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Genova mostra che è la prevenzione l’unica strada cui possiamo affidarci.

Dobbiamo prevenire, insomma, l’uso e la dispersione di materiale inquinante e non biodegradabile nell’ambiente.

Prevenzione che vuol dire cultura dell’uso attento e corretto dei nostri personali rifiuti, ma anche un’attenzione puntuale dell’amministrazione locale rispetto ai siti di raccolta.

A iniziare dai cestini dei rifiuti: spesso non sono più all’altezza di gestire correttamente il contenuto: folate di vento, gazze e animali che sembrano essere ormai abituati ad accedere alla spazzatura (quante gazze abbiamo ormai visto riuscire a separare gli avanzi di cibo gettati dai contenitori di platica che poi rimangono per terra?).

Probabilmente anche la carbon tax aiuterà: se le aziende che produco materiale di difficile smaltimento verranno toccate nel vivo del loro bilancio aumenteranno di sicuro la programmazione di azioni di contenimento oltre a quelle educative.

Lo studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Genova ha analizzato le soluzioni messe in campo a livello globale per prevenire, monitorare e rimuovere i rifiuti marini.

Una review di un team internazionale guidato dall’Helmholtz-Zentrum Hereon (Germania), a cui ha partecipato l’Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino del (Ias) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Genova, ha valutato e analizzato tutte le soluzioni innovative esistenti per combattere l’inquinamento dovuto al marine litter negli oceani.

I rifiuti marini, o marine litter, rappresentano infatti un’emergenza a livello globale: vengono costantemente riversati nell’ambiente marino e si stima che circa 100 milioni di tonnellate di rifiuti sia entrata negli oceani tra il 1990 e il 2015, di cui la maggior parte sembra essere plastica.

Bottiglie alla deriva, sacchetti, mascherine chirurgiche abbandonate sulle spiagge o tra le onde: sono solo alcune delle immagini che ci mostrano l’attuale contaminazione dei nostri mari e oceani.

Lo studio pubblicato su Nature Sustainability – al quale hanno partecipato anche la National Technical University di Atene (Grecia), il Marine and Environmental Sciences Centre (Portogallo), lo Smithsonian Environmental Research Center (Usa) e la Maritime Robotics As (Norvegia) – mette in luce la maggior parte delle soluzioni esistenti, tecnologie e metodi per prevenire, monitorare e rimuovere i rifiuti marini utilizzando un approccio innovativo.

Durante il lockdown dovuto alla pandemia Covid-19, ci siamo trovati ad analizzare migliaia di risultati ottenuti da articoli scientifici, progetti crowdfunding, progetti finanziati dalla Commissione Europea, Americana e Asiatica, e abbiamo selezionato circa 200 soluzioni innovative messe in campo a livello globale per affrontare il problema – spiega Chiara Gambardella, ricercatrice di Cnr-Ias.

Tali soluzioni prevedono l’utilizzo di droni, robot, nastri trasportatori, reti, pompe o filtri a seconda dell’area di applicazione: aree costiere, superficie del mare, fondo degli oceani. A oggi molti ricercatori hanno utilizzato approcci tecnologici simili, ma questo studio rivela come in futuro sarà importante ricorrere a soluzioni integrate, basate su intelligenza artificiale, robotica, automazione, machine learning, analisi di big data e modellistica.

La comunità scientifica sembra concentrare la propria ricerca principalmente sul monitoraggio dei rifiuti marini, mentre le Ong agiscono maggiormente sul fronte della prevenzione: la sinergia tra diversi promotori, invece, si focalizza principalmente sulle tecniche di rimozione“.

Lo studio affronta anche i limiti delle soluzioni esistenti, a partire dal fatto che la maggior parte dei progetti non va mai oltre la fase di sviluppo: “pochissime soluzioni sono diventate una realtà tecnologica o sono presenti sul mercato” aggiunge la ricercatrice.

Con questo studio abbiamo voluto fornire alcune raccomandazioni per i futuri programmi e strumenti di finanziamento, sottolineando la necessità di superare la fase di pianificazione ed enfatizzando uno sviluppo sostenibile in linea con il Decade of Ocean Science for Sustainable Development (Decennio delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile) dichiarato dalle Nazioni Unite dal 2021 al 2030“.

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