Da qui al 2026 l’Unione europea diventerà il più grande emittente di obbligazioni verdi nel mondo, con quasi 250 miliardi di euro di green bond
Le emissioni di obbligazioni verdi targate Next Generation Eu sono ai blocchi di partenza: la Commissione europea, dopo aver definito e adottato un framework per le obbligazioni verdi, da sottoporre a valutazione indipendente per garantirne l’utilizzo a fini ambientali, procederà, nel mese di ottobre, alla prima emissione di green bond.
All’interno del perimetro delineato alla ripresa economica, infatti, l’Unione Europea ha intenzione di emettere fino a 250 miliardi di euro di obbligazioni verdi entro il 2026.
L’importo rappresenta il 30% del valore complessivo previsto dal piano (circa 800 miliardi di euro) e farà diventare l’Unione il più grande emittente di obbligazioni verdi nel mondo. Per quest’anno, nello specifico, saranno emesse obbligazioni a lungo termine per circa 80 miliardi di euro.
Secondo il piano di lavoro previsto, la Commissione emetterà i bond mediante aste, con una cadenza quindicinale.
Il framework di riferimento definito per i green bond è allineato con i principi espressi dall’International Capital Market Association (Icma), che rappresenta il benchmark per questo tipo di strumenti finanziari ed è stato sottoposto a una validazione indipendente dell’agenzia di rating Esg Vigeo Eiris (gruppo Moody’s).
I green bond emessi all’interno del progetto Next Generation Eu contribuiranno a finanziare la quota di spesa relativa nell’ambito delle attività pensate all’interno del piano per la ripresa e la resilienza.
Per essere precisi, ogni stato membro dell’Unione dovrà allocare almeno il 37% della propria capacità di spesa a iniziative specifiche destinate al clima e alla transizione verso un’economia più verde.
Tra le voci di spesa indicate dal framework sono incluse le attività di ricerca e sviluppo, le tecnologie digitali, l’efficienza energetica, la gestione dei rifiuti, la biodiversità.
La Commissione europea si è inoltre formalmente impegnata per informare periodicamente gli investitori e, più in generale, il pubblico, circa l’allocazione delle voci di spesa verdi e circa gli effetti positivi di questi investimenti, nel rispetto del principio di trasparenza.
Altri player nel mercato finanziario hanno lanciato una strategia di finanziamento verde che prevede l’emissione di strumenti finanziari di debito: è il caso di Gam Investments, società di gestione patrimoniale indipendente con sede in Svizzera, che ha annunciato il suo Sustainable Climate Bond, progetto che investe in obbligazioni verdi e sostenibili.
Secondo gli specialisti del settore, il mercato delle obbligazioni dedicate ai cambiamenti climatici vale oltre 100mila miliardi di euro e rappresenta un elemento cardine nel processo che porta alla transizione verso un mondo a basse emissioni di carbonio.
Inoltre, i bond verdi sono il principale strumento di finanziamento delle piccole e medie imprese e delle grandi imprese che non ricorrono al mercato azionario; nel primo semestre di quest’anno le banche europee hanno emesso green bond per un valore complessivo di 100 miliardi di dollari.
Il processo di valutazione che identifica le obbligazioni in grado di produrre impatti ambientali significativi prevede tre livelli di analisi: l’emittente, l’obbligazione e il livello di sostenibilità.
Secondo Gregoire Mivelaz, gestore della strategia Sustainable Climate Bond di Gam, “i cambiamenti climatici sono i rischi più gravi e imminenti per l’economia globale e le banche hanno un ruolo fondamentale nel processo di transizione ambientale attraverso al loro sostegno a piccole e grandi imprese“.
Sustainable Climate Bond ha ottenuto un rating medio BBB+ (rischio accettabile e di tipo non speculativo, con ridotta possibilità di default); gli investitori riceveranno, con cadenza annuale, un rapporto sull’impatto ambientale che illustra i vantaggi ambientali quantitativi dell’investimento.
Ma come sta reagendo il mercato di fronte a queste iniziative? Con un occhio di riguardo a casa nostra, l’attenzione degli investitori nei confronti dell’ambiente e, in particolare, della lotta al cambiamento climatico, sta crescendo, come dimostra l’Irex Index, il benchmark utilizzato per tracciare la performance del settore energie rinnovabili.
L’indicatore, che comprende 14 titoli e vanta una capitalizzazione 3.690 milioni di euro, ha registrato un massimo storico superando, per la prima volta, i 21.000 punti.
Grazie agli obiettivi di decarbonizzazione contenuti nel Pnrr e alla maturità tecnologica raggiunta nei settori delle energie rinnovabili (eolico e fotovoltaico in testa), l’indice è cresciuto del 24% nei mesi di luglio e agosto, staccando così gli indici più tradizionali dedicati al mondo energy (Ftse Italia Energia segmento oil&gas, cresciuto solo dell’1% nello stesso periodo di osservazione).
Ora, non resta che aspettare i nuovi decreti di incentivazione dedicati alle rinnovabili.