L’associazione Analisti Ambientali, la Lipu e il Wwf Italia hanno esaminato lo stato di applicazione nelle varie regioni delle Linee guida nazionali per la Valutazione di incidenza, uno strumento che regola le attività nei siti della rete Natura 2000. Le eccellenze non mancano, ma resta ancora parecchio da fare
Con la Legge Costituzionale n. 1 dell’11 febbraio 2022, entrata in vigore il 9 marzo del 2022, la tutela dell’ambiente e della biodiversità sono entrate nella nostra Carta costituzionale.
Si è trattato di passaggio snodo fondamentale per garantire la protezione di un valore essenziale per il funzionamento delle nostre società e delle nostre economie, passaggio che adesso sollecita l’adozione e l’applicazione di strumenti adeguati ad assolvere questa indicazione.
Il riferimento ineludibile in questo contesto resta la Direttiva Habitat del 21 maggio del 1992, che ha lo scopo di “salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato“.
Per raggiungere questi obiettivi, la direttiva ha stabilito una serie di misure con cui assicurare il mantenimento o il ripristino degli habitat e delle specie che li popolano e ha disegnato la rete ecologica Natura 2000, costituita da una serie di siti in cui applicare le misure di conservazione delle specie e della biodiversità.
Al fine di dare concreta attuazione a queste indicazioni, all’articolo 6 la Direttiva Habitat ha previsto la Valutazione di incidenza, vale a dire il procedimento di carattere preventivo al quale è “necessario sottoporre qualsiasi piano, programma, progetto, intervento o attività che possa andare a incidere su un sito o su un proposto sito della rete Natura 2000, singolarmente o assieme ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione specifici per il sito stesso“.
Queste disposizioni si applicano in tutti i paesi dell’Unione e negli anni si è reso più volte necessario l’intervento della Corte di giustizia europea, che ha fornito indicazioni per la corretta interpretazione dei dettami della direttiva.
Dall’analisi delle sentenze della Corte sono scaturite le Linee guida europee e, grazie all’intesa Stato-Regioni siglata nel dicembre 2019, le Linee guida nazionali.
Per verificare l’applicazione delle Linee guida nazionali, l’associazione Analisti Ambientali (Aaa), la Lipu e il Www Italia hanno preparato un report in cui hanno valutato se le novità introdotte con le Linee guida nazionali e i temi di interesse degli stakeholder, come la pubblicità della documentazione e il coinvolgimento del pubblico, siano stati adeguatamente recepiti nelle norme regionali.
I risultati, a onor del vero, non sono granché incoraggianti: al al 31 dicembre 2021, data a cui si è fermata la ricognizione, soltanto nove delle Regioni e Province Autonome hanno recepito le Linee guida e di queste sette integralmente (Basilicata, Campania, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Umbria) e due in parte (Provincia autonoma di Bolzano e Liguria).
Fatto grave, dato che la non conformità della normativa delle Regioni e delle Province autonome rispetto alle Linee guida costituisce una violazione delle direttive comunitarie sulla tutela degli ecosistemi e per la salvaguardia della biodiversità.
Le associazioni impegnate nella stesura del report sollecitano l’allineamento delle Regioni e delle Province autonome alle disposizioni sottoscritte con l’intesa del 2019, che ancora oggi rappresenta un elemento fondamentale nelle misure per la tutela della biodiversità e del patrimonio naturale.
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