Quanta plastica c’è in un telecomando? Tanta, purtroppo. E quando il telecomando arriva a fine vita può essere un problema gestire il recupero delle varie componenti, come invece le linee guida proprie dell’economia circolare richiedono
Un progetto tutto italiano fa ben sperare sulla qualità dei processi di recupero in fase di smaltimento e recupero delle frazioni dei Raee. Che vuol dire anche oggetti come i frullatori, asciugacapelli e mouse.
Una categoria di Raee indicata come il raggruppamento R4 che è in grande crescita (l’anno scorso la raccolta è aumentata di oltre il 15% rispetto al 2018) e che, in peso, è composta per il 30% proprio da plastica.
Il progetto nasce in seno al consorzio Ecolight, Università di Brescia e Stena Recycling. Il team ha analizzato nell’arco di due anni di ricerca le plastiche contenute nei piccoli elettrodomestici e nell’elettronica di consumo.
Si tratta di una frazione caratterizzata essenzialmente da due elementi: la molteplicità di polimeri utilizzati e la presenza di plastiche con ritardanti di fiamma bromurati. A differenza delle altre, queste ultime non possono essere avviate a recupero di materia: il loro destino è l’incenerimento.
Partendo da questo quadro, l’obiettivo che consorzio Ecolight, Università di Brescia e Stena Recycling si sono posti è stato quello di individuare nuove tecnologie che potessero migliorare i processi di separazione, consentendo così di potenziare l’apporto del trattamento dei rifiuti elettronici – e di tutta la filiera Raee – all’economia circolare.
Cosi, si è iniziato a sottoporre i piccoli Raee al processo di trattamento previsto dagli impianti di Stena Recycling che prevede una prima fase con l’apertura dei singoli rifiuti, la rimozione delle componenti pericolose e critiche (condensatori e batterie) e la separazione delle componenti plastiche da quelle ferrose e non ferrose.
Nella seconda fase, attraverso flottazione, con il passaggio in due differenti vasche sono state separate le plastiche con ritardanti di fiamma bromurati (dette plastiche pesanti) da quelle senza ritardanti (plastiche leggere) e dai metalli. Sulle frazioni ottenute in ogni singola fase sono state condotte ulteriori ricerche volte all’analisi dei materiali via via ottenuti e al miglioramento dei processi.
A che punto siamo quindi? Grazie alle nuove soluzioni adottate i protagonisti del progetto dichiarano che è aumentata la frazione di plastica leggera che può essere destinata a recupero di materia.
e rapportato ai dati di raccolta nazionale del 2019, l’incremento porta a oltre 17.200 le tonnellate totali di plastica che si possono recuperare dai piccoli Raee, questa plastica, opportunamente lavorata, per le caratteristiche riscontrate potrà essere impiegata per la costruzione di alcune parti di apparecchiature elettriche, ma anche nella fabbricazione di panchine, appendiabiti e vasi.
Altro dato interessante: a questo aumento è corrisposta anche una speculare diminuzione della plastica pesante, non riciclabile e destinata a distruzione termica.
Sotto il profilo della qualità dei materiali ottenuti, significativo è stato il calo (-10%) degli scarti nelle due frazioni che vengono inviate a recupero, ovvero la plastica leggera e i metalli. Questo significa una potenziale miglior collocabilità del prodotto sul mercato dei materiali recuperati. Ultimo dettaglio, non banale, espresso da Ecolight: una miglior regolamentazione in materia aiuterebbe a sfruttare queste potenzialità.