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Cambiare rotta, subito, chiudendo i wet market

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Un appello all’Onu per prevenire la possibilità di future pandemie. Immediate e definitiva chiusura di tutti i wet market presenti nel mondo

È in corso una grande mobilitazione internazionale – a cui si può aderire attraverso la petizione online – per chiedere all’Onu di chiudere definitivamente i wet market in tutto il mondo. L’associazione Animal Equality dopo soli 4 giorni dal lancio della campagna ha raccolto 200.000 firme in 8 Paesi, 100.000 solo in Italia.

I wet market, mercati umidi, si trovano prevalentemente in Oriente, in Cina, Vietnam, India e in Africa. Il loro nome deriva in parte dal sangue e dai resti degli animali che ricoprono i pavimenti di questi mercati in cui si vendono animali vivi, anche selvatici, macellati al, momento.

Animali come cervi, procioni, coccodrilli, cani, rettili, pipistrelli vivono ammassati in condizioni igieniche molto precarie, soffrendo fame e sete, sono stressati e immunodepressi, in attesa di essere uccisi.

Questi terribili luoghi sono il terreno fertile per lo scoppio di epidemie zoonotiche, malattie infettive che possono essere trasmesse dagli animali agli uomini.

In luoghi come questi probabilmente hanno avuto origine malattie come la Sars, l’influenza suina H1N1, la sindrome respiratoria del Medio Oriente Mers e molte sono le teorie che ricostruiscono l’origine del Covid-19 nel wet market della città cinese di Wuhan, famoso per il suo commercio di animali selvatici.

Nelle scorse settimane la Cina ha emanato un divieto ai mercati di fauna selvatica, purtroppo temporaneo.

In considerazione dei rischi e del grave impatto dei wet market sulla salute pubblica e delle terribili sofferenze che gli animali devono subire in questi veri e propri inferni, Animal Equity chiede all’Onu di abolire i wet market in ogni parte del mondo e per sempre.

Come dichiara Matteo Cupi, direttore esecutivo di Animal Equality Italia: “I wet market non hanno posto nella nostra società e dovrebbero essere immediatamente chiusi. Non solo questi mercati sono estremamente crudeli per gli animali, ma la ricerca scientifica ha dimostrato il loro legame con le epidemie di malattie di origine animale, dimostrando che sono anche una minaccia immediata per la salute e la sicurezza pubblica“.

Tanti studiosi in tutto il mondo occidentale stanno sostenendo questa campagna, a cominciare da Ian Lapkin, esperto di malattie infettive che sostiene: “Se prendi gli animali selvatici e li metti in un mercato con animali domestici o altri animali, dove c’è la possibilità per un virus di fare il salto di specie, stai creando una super autostrada per i virus per passare dall’animale selvatico all’uomo. Non possiamo più farlo. Non possiamo più tollerarlo. I wet market devono essere chiusi per sempre“.

Stessa richiesta proviene da Peter Singer, professore di bioetica alla Princeton University e Paola Cavalieri, ricercatrice indipendente, da Andrew Cunningham professore alla Zoological Society di Londra che sostiene: “Questi animali sono stati trasportati per grandi distanze e sono stati ammassati in gabbie. Sono stressati e immunodepressi ed espellono qualsiasi agente patogeno presente in loro. Con la presenza di un gran numero di persone al mercato che stanno a stretto contatto con i fluidi corporei di questi animali, si ha una combinazione ideale per l’insorgenza della malattia“.

Anthony Fauci, direttore dell’Istituto Nazionale delle Allergie e Malattie infettive degli Stati Uniti, che sta coordinando il contenimento dell’epidemia nel suo Paese, è perentorio: “Penso che dovremmo chiudere subito quei wet market. Non so cos’altro deve succedere per farci capire questo fatto“.

Non da meno è stata Elizabeth Maruma Mrema, segretaria esecutiva da interim della Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità: “Il messaggio che stiamo ricevendo è che se non ci prendiamo cura della natura, essa si prenderà cura di noi. Sarebbe bene vietare i mercati di animali vivi“.

Il messaggio è chiaro: dobbiamo cambiare i nostri comportamenti. Non c’è più tempo. Riusciremo a capirlo? La natura ci ha dato già molti avvertimenti.

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