Home Imprese Sostenibili Latte: ecco chi dà valore nuovo agli scarti

Latte: ecco chi dà valore nuovo agli scarti

pubblicato il:
latte economia circolare
Foto di Pexels

Stiamo parlando dell’industria casearia che è sotto osservazione da centri di ricerca e startup per far nascere nuovi prodotti ecosostenibili proprio da tutto ciò che una volta finiva di essere scartato. E così nascono soluzioni per la bioedilizia, packaging e anche tessuti (come in realtà già si faceva una volta)

Il settore lattiero-caseario è un patrimonio inestimabile del nostro Paese che cuba circa 15 miliardi di euro (Fonte: Campagna Amica, 2019), con oltre 3.535 imprese che danno lavoro a oltre 44.000 addetti (fonte Cribis).

Tanto è alto il suo valore economico, quanto è alto il suo impatto ambientale. Quanto costa al pianeta la produzione, la trasformazione e la distribuzione del latte e dei suoi derivati?

La risposta, purtroppo, non è molto incoraggiante. L’intera industria del latte è responsabile – come fa notare la Fao – di almeno il 4% di tutte le emissioni di gas serra, tra cui il famigerato biossido di carbonio (CO2), e di queste più della metà è dovuta al solo trasporto.

Il Water Footprint Network mostra anche  quanta acqua viene consumata per produrre 1 kg di molti alimenti e bevande, tra cui il latte: 1.020 l/kg.

Se si proietta questa cifra al 2050, quando la popolazione mondiale sarà il doppio di quella attuale, è matematico che i consumi idrici industriali raddoppieranno, ed è facilmente intuibile che oggi stiamo utilizzando dei modelli di produzione e distribuzione che non sono più sostenibili.

Biotecnologie ed economia circolare, però, entrano in gioco per recuperare scarti o sottoporodotti della lavorazione del latte. La buona pratica porta con sé un’altra caratteristica: ricerca e sviluppo e le conseguenti bioraffinerie sono concentrate proprio nelle Regioni a maggior densità di produzione di latte. Insomma, un recupero a km zero.

Così succede in Puglia, dove Enea con il centro di ricerca di Brindisi sta portando avanti, in collaborazione con la startup pugliese EggPlant, il progetto Biocosì con l’obiettivo di produrre imballaggi biodegradabili.

Il progetto presenta una doppia valenza innovativa: da un lato, il processo di separazione a membrana sviluppato da Enea per il frazionamento del siero di latte che consente sia il recupero differenziato di tutte le componenti – quali sieroproteine/peptidi, lattosio e sali minerali – che di acqua ultrapura.

Dall’altro, la collaborazione EggPlant-Enea per la produzione di bioplastica biodegradabile e bioderivata dal lattosio estratto dai reflui, consente la valorizzazione dei rifiuti orientata all’innovazione della filiera agro-alimentare, con benefici anche in termini di riduzione degli inquinanti dell’industria casearia e di impatto della plastica nell’ambiente.

Spostandoci in Sardegna troviamo invece  la startup Milk Brick che ha brevettato una tecnologia che elimina il consumo di acqua nei processi produttivi dell’industria edilizia, recuperando quanto viene scartato dalle lavorazioni dell’industria casearia e il latte invenduto o anche scaduto proveniente dalla Grande Distribuzione Organizzata.

Da qui, tramite un processo virtuoso, vengono estratte acqua e caseina.

Nei processi di miscelazione dell’industria edilizia, l’acqua pura viene sostituita dall’acqua estratta dal latte, mentre la fibra di latte viene ottenuta tramite processo di estrusione della caseina, e, proprio quest’ultima viene utilizzata come additivo fibrato nei prodotti di Milk Brick. Essa conferisce ai prodotti caratteristiche traspiranti, antibatteriche, isolanti termiche e funge da fibro-rinforzo.

Con la tecnologia Milk Brick si possono sviluppare centinaia di prodotti, dal calcestruzzo, alle malte, ai mattoni, fino ai materiali prefabbricati e ai filati per la stampa 3D: caratteristica che li unisce è la piena riciclabilità a fine vita.

Nel 2019 sono stati insigniti del Premio speciale Italcementi Heidelberg Cement Group, nell’ambito del programma del Premio Gaetano Marzotto che, ogni anno, seleziona e premia le più importanti startup industriali italiane.

Con Italcementi è nata immediatamente un’importante collaborazione orientata alla validazione delle loro soluzioni e alla loro applicabilità industriale.

Non manca all’appello l’Emilia Romagna: qui la startup che lavora per la circolarità della filiera del latte è Good Sustainable Mood e ne fa tessuti, come una volta. Sì perché già in epoca autarchica l’Italia era all’avanguardia per gli studi sulla produzione di tessuti derivati dal latte. Di cui Lanital era il progetto più famoso e anche più contrastato.

Ora, l’idea di produrre tessuti dal latte è doppia: compensare sia l’impatto dell’industria casearia ma anche quella della moda, altro settore sotto stretta osservazione per la poca valenza ecologica.

Così, aziende come Gsm stanno ridanno nuova vita a un prodotto dimenticato che porta numerosi benefici, tra cui il risparmio di acqua: basta infatti un solo litro di acqua per realizzare un chilo di fibra di latte, a fronte dei 50 litri utilizzati per il cotone.

Il processo di trasformazione del tessuto dura circa 2 mesi e avviene estraendo la caseina (proteina del latte) che viene solidificata tramite un gioco di alterazione delle temperature. Si riesce a ottenere così la fibra, pronta per essere filata e/o tessuta.

Il tessuto ottenuto ha proprietà eccezionali: è particolarmente piacevole e confortevole sulla pelle, infatti le proteine casearie hanno la caratteristica di nutrire e idratare anche la pelle più delicata, stimola la circolazione sanguigna ed è naturalmente antibatterico, sterile e traspirante.

Inoltre, Gsm offre un’esperienza di shopping esperienziale, informando, anche grazie a un packaging innovativo, i consumatori sul panorama del settore tessile e sull’importanza che ogni singolo gesto abbia nell’accelerare un cambiamento ormai necessario.

Anche i canali distributivi sono sostenibili: l’online è il canale principe di Gsm. Il resto è venduto nei negozi che ne condividono l’etica sostenibile.

(ha collaborato Giulia Minghetti)

Condividi: