Si torna in piazza per tenere alta l’attenzione ai temi dei cambiamenti climatici, ma intanto una Ice (Iniziativa di cittadini europei) voluta dal movimento Eumans punta a tassare chi inquina
Oggi si torna in piazza: i ragazzi di Friday for future, quelli di Extinction Rebellion e tutti coloro che hanno a cuore l’ambiente stanno riempiendo le città con cartelli e mascherine per tenere alta l’attenzione ai temi dei cambiamenti climatici.
Intanto, si è appena conclusa la diretta online Hey Eu, Tax CO2, durata 12 ore contro il riscaldamento globale e fortemente voluta e organizzata da Eumans, movimento paneuropeo di cittadini fondato da Marco Cappato.
L’obiettivo era quello di raccogliere firme sul sito stopglobalwarming.eu, un’azione di sensibilizzazione caratterizzata dal fatto di essere una Ice (Iniziativa di cittadini europei) che per legge dovrà essere discussa dalla Commissione Europea, appena verrà raggiunto il traguardo del milione di firme (la raccolta firme termina il 20 gennaio 2021).
L’iniziativa vuole chiedere alla Commissione Europea di impegnarsi a elaborare la proposta legislativa di fermare il riscaldamento globale spostando le tasse dalle persone all’ambiente, dunque, tassando le emissioni di CO2 e riducendo le tasse sul lavoro.
Secondo la proposta, chi emette anidride carbonica in Europa pagherebbe un prezzo a tonnellata (dai 50 euro iniziali a 100 dopo 5 anni) incentivando il risparmio energetico e le fonti rinnovabili.
Il ricavato andrebbe a beneficio dei lavoratori, con una riduzione delle tasse in busta paga. In questo modo l’Unione Europea potrebbe ricavare un tesoretto di 180 miliardi di euro all’anno per ridurre la pressione fiscale sui lavoratori europei.
L’iniziativa è promossa dall’ex europarlamentare Marco Cappato insieme a esperti come Alberto Majocchi (professore Emerito di Scienza delle Finanze all’Università di Pavia) e Monica Frassoni (ex co-presidente del Partito Verde Europeo).
“La lotta ai cambiamenti climatici passa anzitutto per un sistema di prezzi e di fiscalità che ci diano segnali corretti sui costi del nostro stile di vita – ha affermato Emma Bonino, senatrice di +Europa – Rendere l’economia sostenibile ponendo un freno al degrado ambientale favorendo l’uso delle risorse naturali richiede anzitutto che tutti noi siamo responsabilizzati riguardo alle nostre decisioni di acquisto e consumo. Un prodotto fatto senza emissioni dannose per il clima e uno con emissioni notevoli non sono la stessa cosa: se non noi subito, qualcun altro o noi stessi più avanti pagheremmo cara la differenza“.
Cappato aggiunge al dibattito: “Non solo l’ambiente, anche la democrazia è a rischio. Se falliamo l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2, alla fine la democrazia sarà percepita come uno strumento inefficace per fronteggiare le importanti sfide del nostro tempo. La strada per rendere l’Unione Europea più democratica è attivare il più possibile gli strumenti di democrazia partecipativa, come stiamo facendo con la raccolta delle firme sull’Iniziativa dei Cittadini europei StopGlobalWarming.eu per spostare le tasse dal lavoro alle emissioni“.
Intanto, scioperano anche le società del Gruppo Banca Etica invitando dipendenti, soci e clienti a praticare scelte di consumo a basso impatto ambientale e a far conoscere sempre più la propria scelta di finanza etica rivendicandola come elemento centrale di uno stile di vita orientato alla salvaguardia del pianeta e della dignità delle persone.
Banktrack, organizzazione internazionale che monitora gli impatti sociali e ambientali delle scelte delle banche, spiega che le banche, come tutte le aziende, producono gas serra direttamente attraverso le loro attività.
Tuttavia, il loro contributo più importante alle emissioni di gas serra è indiretto, attraverso il finanziamento di clienti e progetti che generano emissioni. Stop, insomma all’economia basata sui combustibili fossili a favore di un’economia basata sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili.
Per impedire che la crisi climatica si sviluppi ulteriormente e porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili, le banche devono smettere di finanziare l’industria dei combustibili fossili.
Cosa che non sta accadendo: secondo l’ultimo rapporto Banking on Climate Change, pubblicato a primavera con riferimento al 2016 e il 2019, ben 35 banche globali del settore privato hanno incanalato l’incredibile cifra di 2,7 trilioni di dollari in progetti e aziende di combustibili fossili a livello globale.
Più di 975 miliardi di dollari di questi investimenti sono andati all’espansione dell’industria dei combustibili fossili. Qualcosa, la pandemia sta facendo: la stessa Bp ha dichiarato che non conviene più finanziare le fonti fossili. E dunque, cosa aspettiamo?